Tutte le risposte a tutte le domande

La sezione dedicata alle domande più frequenti, qui troverai le risposte che cerchi! Altrimenti puoi contattarci, saremo lieti di aiutarti su ogni tuo dubbio!

Esiste il rischio che malattie infettive possano essere trasmesse attraverso il sangue o i suoi derivati dal donatore al ricevente?

Alcune malattie infettive causate microrganismi (virus, batteri, protozoi) possono essere trasmesse da un individuo all'altro attraverso il sangue: la trasfusione di globuli rossi, plasma o piastrine e l'utilizzo di farmaci plasmaderivati (albumina, fattori della coagulazione, immunoglobuline) rappresentano pertanto procedure a "rischio infettivo" per il ricevente.
E' bene, pertanto, che la presenza di eventuali sintomi o segni indicativi di uno stato infettivo o il contatto con soggetti infetti siano sempre sottoposti dal donatore all'attenzione del medico.
La presenza di uno stato infettivo in fase acuta (i cui segni possono essere anche un banale raffreddore o il mal di gola) può dare luogo ad una transitoria viremia, cioè alla presenza di virus nel circolo sanguigno.
La convivenza con soggetti affetti da alcune malattie infettive (ad esempio morbillo, altre malattie esantematiche dell'infanzia, parotite) comporta la temporanea non idoneità alla donazione anche in assenza di sintomi, in quanto il periodo di incubazione di queste malattie può essere anche di qualche settimana.
LA trasfusione di sangue portatore di virus, soprattutto in alcune categorie di pazienti (soggetti immunodepressi ematologici o oncologici), potrebbe essere estremamemente dannosa.
Il rischio infettivo più temuto dai pazienti trasfusi è quello da HIV (virus responsabile dell'AIDS), da HBV (virus responsabile dell'epatite B) e da HCV (virus responsabile dell'epatite C).
Attualmente i test di laboratorio per la diagnosi di queste malattie sono estremamente sensibili e specifici e consentono di rilevare la presenza del virus nel sangue poco tempo dopo l'infezione: le nuove tecniche di biologia molecolare possono addirittura ricercare la presenza di frammenti del genoma virale nel sangue.
Nonostante gli importanti progressi scientifici e tecnologici di questi ultimi anni non si è ancora giunti al "rischio zero". Esiste infatti un piccolo lasso di tempo in cui il virus è presente nell'organismo, ma non è rilevabile dai test di laboratorio: è il cosiddetto "periodo di finestra diagnostica".
E' proprio per ovviare a questo limite dei test che durante il colloquio viene attribuita paarticolare attenzione ad alcuni comportamenti considerati a maggior rischio (assunzione di sostanze stupefacenti, rapporti sessuali a rischio, occasionali, rapporti sessuali o convivenza con soggetti positivi per epatite B, epatite C o AIDS).

Quali sono i segni e i sintomi di epatite e di infezione da HIV/AIDS?

Le epatiti virali e l'AIDS in stadio conclamato si presentano in genere con un quadro clinico caratteristico. Per le epatiti il segno più tipico è l'ittero (colorazione giallastra della cute e delle sclere), accompagnato da disturbi gastrointestinali e da una forte debolezza; per l'AIDS sono caratteristici il forte calo ponderale, la presenza di infezioni ricorrenti e gravi e l'insorgenza di alcune forme di tumore.
Lo stadio iniziale di malattia o la condizione di sieropositività possono essere del tutto asintomatici e silenti o dare disturbi molto generici e di lieve entità (malessere generale, febbricola, inappetenza.....), disturbi comuni ad altre patologie anche banali, come la sindrome influenzale.
In molti casi, però, i segni e i sintomi delle infezioni sono così leggeri da non essere avvertiti dal soggetto. Per porre una diagnosi corretta è importante il colloquio chiarificatore con il medico, soprattutto per rilevare l'esposizione, con eventuali comportamenti a rischio, a tali infezioni ed effettuare l'esecuzione di appropriati test di laboratorio.

Qual'è il significato di consenso informato, auto-esclusione, sospensione temporanea e permanente?

Consenso informato:
Il donatore dà il consenso alla procedura di donazione, mediante la firma di un apposito modulo, dopo essere stato correttamente informato (colloquio con il medico, materiale informativo) su tutto ciò che riguarda la donazione. 
Auto-esclusione:
Il donatore stesso non si ritiene idoneo alla donazione dopo aver preso visione delle cause di non idoneità (materiale informativo presente presso le sedi di prelievo o le associazioni di volontariato, questionario, informazioni acquisite dal colloquio con il personale sanitario o con altri donatori); il donatore può decidere:

- di non effettuare o completare la donazione;
- di parlare con il personale sanitario per avere ulteriori chiarimenti
- di donare, chiedendo successivamente che l'unità non venga utilizzata a scopo trasfusionale.

Sospensione temporanea e permanente: 
Esistono condizioni patologiche o comportamentali non compatibili temporaneamente o definitivamente con la donazione in quanto dannose per il donatore (ad es. cardiopatie, ulcera gastrica o duodenale, anemia) o per il ricevente (malattie infettive tatuaggi, piercing).
Sono causa di sospensione temporanea quelle condizioni per le quali, trascorso il periodo di non idoneità, è consentita la ripresa dell'attività di donazione, ad esempio sindrome influenzale, faringite (mal di gola), gastroenteriti, alcuni tipi di terapia (antibiotici), interventi chirurgici, viaggi in zone tropicali, gravidanza.....
Sono invece considerate cause di sospensione definitiva quelle condizioni per le quali si ritiene che il motivo di non idoneità non si modifichi nel tempo: ad esempio cardiopatie, tumori, anemia cronica, epatiti.....
La tipologia di sospensione è regolata da normative nazionali ed europee e può subire variazioni in base al progresso delle conoscenze scientifiche e tecnologiche.

Quali sono i motvi per cui non devono donare sangue coloro ai quali la donazione potrebbe provocare effetti negativi sulla propria salute?

Nell'ambito dei decreti di applicazione della legge trasfusionale il legislatore ha posto particolare attenzione sui criteri di protezione della salute del donatore.
Proprio per non arrecare alcun danno al donatore viene richiesto il rispetto di alcuni parametri, come ad esempio il peso corporeo (almeno 50 Kg), i valori dell'emoglobina (non meno di 12.5 G/dL nella donna, almeno 13.5 g/dL nell'uomo), la pressione arteriosa (sistolica 110-180 mmHg), la frequenza cardiaca (50-100 battiti/min), etc...

Quali sono i motivi per cui non devono donare sangue coloro che così facendo metterebbero a rischio la salute dei riceventi la donazione, come nel caso di coloro che hanno comportamenti sessuali ad alto rischio di trasmissione di malattie infettive o sono affetti da infezione da virus HIV/AIDS e/o da epatite o sono tossicodipendenti o fanno comunque uso di sostanze stupefacenti?

Malattie infettive come l'AIDS, l'epatite B e l'epatite C possono essere trasmesse attraverso la tarsfusione di sangue, plasma, piastrine o la somministrazione di farmaci plasmaderivati (albumina, fattori della coagulazione, immunoglobuline). Il donatore potrebbe infatti essere prelevato durante il periodo della finestra diagnostica, momento in cui è infettante, ma risulta ancora negativo ai test di screening. I più recenti test diagnostici hanno enormemente ridotto la durata della fase finestra (per l'epatite C è di 70 giorni, per l'epatite B è di 56 giorni, per l'HIV è di 22 giorni);con l'utilizzo delle tecniche di amplificazione genica (NAT) tali periodi si riducono ancora di più, ma non si annullano. Ed è proprio per questo che spetta al donatore comunicare in assoluta onestà la presenza di eventuali fattori di rischio.

Quali sono le procedure di donazione ed i rischi ad esse correlati per coloro che intendono partecipare ai programmi di donazione di sangue intero o di emocomponenti mediante aferesi?

Tutte le procedure di prelievo di sangue o di emocomponenti vengono effettuate sotto sorveglianza e responsabilità di personale sanitario formato e competente.
Per "sangue intero" si intende il sangue prelevato, a scopo trasfusionale, da un donatore, utilizzando materiale sterile, monouso e corredato di apposite sacche di raccolta contenenti una soluzione anticoagulante.
La durata della procedura è in media di 5 - 10 minuti e comporta il prelievo di 450ml ± 10% di sangue. Il sangue raccolto non viene utilizzato in toto, ma, mediante una particolare procedura chiamata frazionamento, viene separato nei suoi costituenti. Da una singola unità di sangue intero è possibile ottenere tre unità di emocomponenti: i globuli rossi concentrati, le piastrine e il plasma. Sono questi emocomponenti che vengono utilizzati a scopo trasfusionale.
Con la donazione mediante aferesi il donatore dona uno solo o più componenti del suo sangue: plasma (plasmaferesi), piastrine (piastrinoaferesi), plasma e piastrine (plasmapiastrinoaferesi), globuli rossi e piastrine (eritropiastrinoaferesi), ,globuli rossi e plasma (eritroplasmaferesi).
La procedura avviene mediante l'utilizzo di un'apposita apparecchiatura (separatore cellulare) che consente la separazione del sangue prelevato nelle sue componenti: viene raccolto in un'apposita sacca solo l'emocomponente selezionato, mentre il sangue residuo viene reinfuso al donatore.
Il tempo di donazione può variare dai 30 ai 60 minuti con variazioni individuali condizionate da alcuni parametri: i più importanti sono rappresentati dai parametri di partenza del donatore (ad esempio il valore dell'ematocrito, delle piastrine) e dall'entità del flusso venoso.
I rischi connessi alle procedure di donazione sono pochi e di piccola entità : i più fraquenti sono la comparsa di echimosi nel punto di prelievo e la lipotimia (svenimento), legata in genere più all'emotività del soggetto che al volume di prelievo. Solo molto raramente si verificano effetti collaterali più gravi che richiedono un trattamento terapeutico specifico.

E' possibile porre domande in qualsiasi momento della procedura?

Il donatore in ogni momento può chiedere ulteriori chiarimenti: il personale volontario dell' Associazione Donatori ed il personale del servizio trasfusionale devono fornire al donatore tutte le informazioni relative all'attività di donazione

E' possibile ritirarsi o rinviare la donazione per propria decisione in qualunque momento della procedura?

Il donatore, dopo aver preso tutte le informazioni che ritiene necessarie, è libero di ritirarsi o di rinviare la donazione in qualsiasi momento e può decidere se giustificare o no la sua scelta. In caso di donazione iniziata o completata, l'unità dovrà essere eliminata.
Sarebbe preferibile, in ogni caso, chiarire con il medico il motivo della propria decisione.

Qualora gli esami effettuati ponessero in evidenza eventuali patologie, il donatore sarà informato a cura della Struttura Trasfusionale e la sua donazione non utilizzata?

Gli esami ematochimici e/o strumentali effettuati in occasione della donazione vengono valutati dal medico della struttura trasfusionale e il loro esito viene comunicato al donatore.
In caso di riscontro di valori patologici il medico provvederà  al richiamo del donatore per gli accertamenti del caso.
Il destino dell'unità donata dipende dal riscontro patologico rilevato: nel caso in cui venissero meno i criteri di sicurezza l'unità  verrà eliminata.

Quali sono i motivi per cui è necessario che il donatore comunichi tempestivamente al personale della Struttura Trasfusionale, ai fini della tutela della salute dei pazienti trasfusi, eventuali malattie insorte dopo la donazione con particolare riferimento all'epatite virale in ogni sua forma?

Esiste il rischio che il donatore doni in un momento in cui la presenza dell'agente infettibo non sia rilevabile né clinicamente né laboratoristicamente (peridodo di incubazione, periodo di finestra diagnostica). Questo vale per le epatiti virali e per l'infezione da HIV, ma anche per altre malattie (morbillo, varicella, mononucleosi) che possono diventare pericolose se trasmesse a soggetti immunodepressi quali malati ematologici e oncologici. Pertanto è importante che il donatore comunichi tempestivamente eventuali malattie insorte nei giorni successivi alla donazione per consentire al personale del Servizio Trasfusionale di prendere i provvedimenti del caso (eliminazione dell'unità donata se ancora disponibile, controllo e monitoraggio del donatore e del ricevente). 

Per quale motivo dovrei donare il mio sangue?

Donare il proprio sangue significa poter salvare vite umane e mettere a disposizione della collettività uno strumento prezioso e di insostituibile solidarietà umana. Donare il sangue è un atto volontario e non retribuito, che fa appello al senso civico di aiuto verso chi ne ha bisogno.

Non mi importa donare tanto se ho bisogno ci pensa l'ospedale

Il sangue umano è un "bene" che, fino a oggi, malgrado le notizie circolanti sullo stato delle ricerche, è "prodotto" esclusivamente dal nostro organismo, e pertanto: nessuna struttura ospedaliera è in grado di assicurare alcuna terapia trasfusionale senza la preventiva disponibilità dei donatori; per lo stesso motivo, la disponibilità del “bene sangue” non dipende dal mercato, quindi non ha un prezzo economico; per le ragioni esposte, lo Stato non può che affrontare il problema – e deve farlo – con campagne di sensibilizzazione verso la popolazione e creare gli strumenti normativi per garantire la massima sicurezza possibile e l’ottimizzazione del sistema trasfusionale in tutte le sue articolazioni.

Donare il sangue fa male?

 Per un adulto sano che si sottopone regolarmente alle valutazioni di idoneità la donazione non comporta
alcun rischio. Esistono precise disposizioni che regolano la raccolta del sangue: la quantità di sangue che
viene sottratta mediamente a ogni prelievo è minima ed è stabilita con Decreto Ministeriale in 450 centimetri
cubi ±10%. L’intervallo tra una donazione di sangue intero e l’altra non deve essere inferiore a 90 giorni.
La frequenza annua delle donazioni non deve essere superiore a 4 nell’uomo e a 2 nelle donne in età fertile.
I controlli e le visite periodiche costituiscono inoltre medicina preventiva, a tutela dello stato di salute
generale del donatore.

Perché i donatori AVIS sono definiti "periodici"?

L’attività di AVIS è finalizzata a promuovere una donazione "sicura" del sangue e a rispondere efficacemente
alle esigenze dei bisogni mirati e quindi programmati dei Servizi Trasfusionali, in funzione dell’obiettivo della
“sicurezza”. L’Associazione annovera tra le proprie fila solo donatori periodici, ovvero donatori che a intervalli
regolari si recano presso le strutture trasfusionali per donare il loro sangue. I donatori AVIS sono inoltre
anonimi, volontari, non retribuiti, responsabili. Queste persone sono molto controllate dal punto di vista
medico, in quanto costantemente sottoposte ad accurate visite e ad attenti controlli sul loro sangue.
Poiché la loro scelta di donare è libera, non condizionata da altri fattori come quelli emozionali, risultano
molto più affidabili dei donatori occasionali. Il ricorso ai donatori periodici consente inoltre:
·massima sicurezza possibile; 
·maggiore programmazione della raccolta del sangue; 
·possibile "conversione" dalla donazione tradizionale di sangue intero a quella differenziata mediante aferesi; 
·gestione delle situazioni di emergenza; 
·educazione sanitaria.

Donando periodicamente, non corro il rischio di assuefarmi alla donazione, per cui alla fine donare diventa una necessità?

La donazione periodica non implica nessun processo di assuefazione nel senso scientifico del termine, ove
per assuefazione si intende l’impossibilità di rinunciare alla pratica di determinati comportamenti (vedi assunzione
di droghe), assumendo il termine, in questo caso, una connotazione negativa, che porti un danneggiamento
psico-fisico per la persona. Nel caso della donazione di sangue esiste una regola di periodicità per garantire
la sicurezza del sangue donato. Se la conseguenza a compiere questo atto di estrema solidarietà può essere
quello di ripeterlo a scadenze regolari, questo non potrà che farci sentire meglio nel senso della gratificazione
che si può provare nell’aiuto dato gratuitamente a qualcuno, avendo recuperato un valore umano prezioso.

Quali sono le fonti di finanziamento di AVIS?

AVIS è una associazione di volontariato che sostiene economicamente le proprie attività con i rimborsi, stabiliti
da un Decreto Ministeriale ed erogati per convenzione con le Aziende Sanitarie, delle spese sostenute per la
promozione della donazione, l’invio dei donatori alle strutture trasfusionali e/o per la raccolta diretta delle
unità di sangue. Nessuna altra cifra è corrisposta alle associazioni per il servizio di raccolta del sangue. Essendo
una associazione di volontariato, nessun socio impegnato al suo interno, a qualunque titolo e con qualunque
funzione, percepisce compensi. Sono stipendiati invece tutti i dipendenti che svolgono un lavoro permanente
nell’associazione. Come previsto dalla legge sul Volontariato n. 266/91, tutti i volontari sono assicurati.

Ogni anno sento parlare di carenza estiva, ma non ci pensano i donatori?

La carenza di sangue nei mesi estivi è purtroppo un dato di fatto, per cui storicamente in Italia in questi mesi,
si rilevano nelle regioni anche forti contrazioni nella raccolta a fronte di un fabbisogno stabile, poiché la
partenza per le vacanze interrompe drasticamente i consueti flussi di raccolta. Le donazioni dei donatori abituali
non sono sufficienti a scongiurare il pericolo della carenza, creando seri problemi per i malati. Per questa
ragione AVIS da tempo ha avviato un’attività di sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica per
garantirne l’afflusso dei donatori a intervalli regolari presso le strutture trasfusionali e ridurre il ricorso
alle donazioni occasionali che sono un fattore di rischio per la sicurezza delle trasfusioni.

Donare sangue non fa male alle donne che sono già soggette alle perdite dovute al ciclo mensile?

La donazione di sangue per le donne non ha alcuna controindicazione. Lo Stato, attraverso il Decreto del Ministro della Sanità del 3 marzo 2005 "Protocolli per l’accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti", cautela le donne imponendo un massimo di due donazioni l’anno che, invece, per l’uomo salgono a quattro. Il monitoraggio costante dell’emoglobina, effettuata preliminarmente a ogni donazione, e del ferro, assicurano la tutela della salute delle donatrici. Le stesse risultano essere particolarmente adatte alla donazione di plasma in aferesi che non incide assolutamente sulla parte corpuscolata (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine).

Cos’è la plasmaferesi?

Il sangue è composto per il 45% circa di cellule, la parte corpuscolata, e per il 55% circa di plasma, la parte
liquida. Le funzioni del plasma sono numerose. Esso mantiene costante il volume di sangue circolante, dona
ai tessuti e alle cellule sostanze prevalentemente di tipo nutritivo e di regolazione (ormoni, vitamine),
raccoglie tutte le sostanze di rifiuto derivanti dal metabolismo delle cellule e le elimina attraverso i reni e il
sudore, interviene nei processi di difesa immunologica e nella coagulazione. Oggi è possibile effettuare una
donazione mirata (aferesi), cioè solo di alcuni componenti del sangue e, tra questi, il plasma (plasmaferesi).
Nell’aferesi (termine greco che significa l’atto del "portar via"), attraverso l’uso di moderni apparecchi, i
separatori cellulari, si ottiene dal sangue del donatore soltanto quella componente ematica di cui si ha
necessità in quel particolare momento, restituendogli contemporaneamente i restanti elementi. Ciascun
separatore cellulare separa il sangue che defluisce da un braccio del donatore trattenendo il componente
ematico necessario e restituendogli il rimanente. Con il prelievo in aferesi si ottengono concentrati cellulari
o plasmatici più ricchi e quindi più idonei per un’efficace terapia trasfusionale di supporto. Una volta raccolto,
il plasma viene conservato, diversamente dal sangue intero e dai concentrati di globuli rossi, essendo
congelato (se a temperatura inferiore a -30° C, può essere utilizzato per un periodo massimo di 12 mesi).

E’ vero che la carenza di sangue minaccia l’applicazione della legge sui trapianti?

La nuova legge sulla donazione degli organi riconosce che, in mancanza di dichiarazione contraria, tutti i
cittadini italiani sono potenziali donatori. Il numero di trapianti sull’intero territorio nazionale dovrebbe così
incrementare. Ma questa legge potrebbe non produrre i risultati sperati se in Italia non aumenteranno le
donazioni di sangue e non sarà potenziata la rete trasfusionale pubblica. E’ gravissimo che la carenza di
sangue minacci l’effettiva applicazione di questa legge. La disponibilità all’espianto tenderà a crescere in
maniera progressiva, ma è prevedibile che troverà difficoltà scontrandosi con la mancanza di scorte necessarie
a fronteggiare l’aumento degli interventi chirurgici di trapianto.

Qual’è il rapporto tra donazione di sangue e rischio di infezioni da malattie virali?

La trasfusione di sangue è un mezzo terapeutico indispensabile per la salute e la vita di molte persone,
Per la trasfusione di sangue intero o di emocomponenti, la qualità e la sicurezza dei prodotti dipendono
essenzialmente dall’accurata selezione dei donatori, dal loro controllo, dall’esecuzione dei test più sensibili
per individuare le patologie trasmissibili, dal buon uso del sangue e dagli standard di sicurezza di cui il
servizio trasfusionale è dotato. Grazie a tutte queste misure scrupolosamente osservate il rischio di
trasmissione di malattie virali è oggi estremamente basso.
Per la trasfusione di emoderivati sono molto importanti altri fattori: 
·la provenienza del plasma; 
·i procedimenti impiegati dall’industria sia per la produzione di emoderivati che per l’inattivazione virale
degli stessi.
L’uso di sangue a pagamento, oltre che per problemi etici, deve essere rifiutato perché aumenta il rischio
trasfusionale; in Italia è perseguibile per legge in base all’art. 22 L. 219/05. Il rischio è più basso laddove il
prelievo venga effettuato su popolazioni controllate, in centri igienicamente sicuri e con tecnologie adeguate
(Direttive del Consiglio d’Europa).